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Un nome che risorge 57

ventù e la vecchiaia. Giovanni Sidoli era un ardito, avvenente e facoltoso giovane di Reggio Emilia, patriota anch’esso e cospiratore e fu presso a lui certamente che Giuditta sviluppò il sentimento della patria oppressa. Breve per altro fu la luna di miele. Sidoli inscritto nella lista dei Carbonari e perseguitato dalla polizia dovette prendere la via dell’esilio; Giuditta lo raggiunse lasciando alla custodia dei suoceri una bambina appena nata; Sidoli intanto veniva condannalo a morte in contumacia. Alcuni anni rimasero gli sposi a S. Gallo di Svizvera, ma in seguito a una grave malattia di lui si trasportarono a Montpellier dove, malgrado le cure assidue della moglie, Sidoli dovette soccombere.

Giuditta vedova a ventiquattro anni con tre altri bambini nati in terra d’esilio ritorna a Reggio; vi torna col cuore gonfio di tutte le amarezze dei proscritti, portando un lutto nel quale si accresce l’odio per il tiranno e l’aspirazione a liberarsi dal giogo straniero. Nella casa del suocero, reazionario sanfedista attaccato al vecchio regime, ella freme non nascondendo i sentimenti liberali che le facevano quasi un obbligo di continuare l’opera del marito; infatti compromessa per le sue relazioni coi capi del partito liberale già amici di suo marito venne bandita dal Ducato. Eccola a riprendere la fuga all’estero, colla dolorosa necessità di lasciare i suoi piccoli ai nonni, triste per il passato, incerta