Pagina:Neera - Profili, impressioni e ricordi, Cogliati, 1920.djvu/67

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Un nome che risorge 61


Non per questo la forte donna si lascia abbattere, ma solo preoccupata delle figlie che aveva dovuto abbandonare, è lei che infonde a quelle magnanimità e coraggio mostrandosi perfettamente tranquilla, ripetendo loro le più tenere frasi d’affetto materno, consigliandole a vivere nei giorni di prova come se fossero sempre insieme. Dice àncora: «Vi confesso che Tessermi sentita chiudere l’uscio dietro non mi diede quel senso molesto che potete pensare. Mi riesce invece insopportabile il vedermi aprire la porta a voglia altrui». Delicatezza di donna e di signora che le mie lettrici comprenderanno bene.

Liberata dal carcere è bandita anche da Parma; ripara in Svizzera per la terza volta, ma portando con sè le figlie tanto amate.

Durante questi anni Mazzini scriveva alla madre: «Vorrei vi giungessero nuove della mia Giuditta. Ci penso spesso e ne sogno» ed all’amico Elia Benso: «Non ho più riveduto Giuditta; abbiamo dovuto rompere ogni corrispondenza perchè le era apposta a delitto». E ancora alla madre: «La lettera di Giuditta che mi trascrivete mi è stata cara, cara. Ditele quanto mi fu cara e che l’amo come l’amavo; ditele che sotto questo cielo di Londra vivo più concentrato che mai, vivo d’anima; nella mia anima essa è scolpita ed io, lontano, parlo, penso vivo con lei».