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affinchè le fosse concesso di tornare in patria. Questa decisione la obbligava a separarsi da Mazzini sempre proscritto, ma per quanto egli ne soffrisse e di ciò tenesse parola colla madre e cogli amici il sentimento che faceva agire la sua amica era troppo legittimo e coscienzioso perchè egli, Fautore dei Doveri, potesse nemmeno pensare a contrastarlo. Non fu il più lieve dei sacrifici che quei due nobili cuori compirono insieme. Il decreto però che doveva far rimpatriare la Sidoli non veniva ed ella per portarsi almeno vicina alla sua prole tentò di soggiornare a Parma dove, tollerala dal Governo indolente di Maria Luisa, rimase alcuni anni ottenendo tratto tratto il permesso di una corsa a Reggio per abbracciare i figli, ma scortata dai gendarmi e vigilata come un malfattore finchè, assolta in collegio l’educazione delle figliuole, potè finalmente, secondata dal desiderio stesso delle fanciulle, averle presso a sè.

Non era tuttavia la pace. Morta Maria Luisa nel 1847 le succedette quel tiranno di triste memoria che fu Carlo III e le condizioni pubbliche peggiorarono. L’amicizia della Sidoli con Mazzini la rendeva oltremodo sospetta, si violava il segreto della sua corrispondenza, i suoi passi erano spiati e riferiti all’autorità suprema; fu sottoposta a perquisizioni e per quanto ella avesse saputo sottrarre destramente le carte più compromettenti, venne arrestata e chiusa nella prigione di S. Francesco in Parma.