Pagina:Neera - Teresa.djvu/191

Da Wikisource.

Per quanto e l’indole e l’educazione e la vita avessero fatto di lei una fanciulla affatto prosaica, sotto la vampa del novissimo affetto, scaturivano dalla sua immaginazione idee da poeta.

Alla sera, quando tra il ronzio monotono delle bambine, i lamenti della madre, la lentezza delle ore sul quadrante dell'orologio, ella si sentiva opprimere spinta da desideri, da aspirazioni pazze, usciva nel cortile e se ne stava per dieci, per quindici minuti in estasi gustando quell’isolamento che le permetteva di dedicarsi tutta a lui. Né freddo, né vento, né brina la preoccupavano; metteva i piedi nella sabbia umida dei viali, abbandonava i capelli alla rugiada della notte, cogli occhi rivolti al cielo, cercando nelle miriadi delle stelle una combinazione che formasse la lettera E.

E quando quella lettera a caratteri ardenti si disegnava nell'immenso azzurro, le saliva dal cuore un’onda commossa, quasi una promessa, una profezia, un segno indelebile della grandezza del suo amore.

Ora sapeva il nome dell'Orlandi — Egidio. Non era nessuno di quelli immaginati prima, neanche un nome noto; non conosceva nessuno con quel nome, non poteva nemmeno dire che fosse un bel nome; eppure, dopo averlo pronunciato una dozzina di volte, pensando a Orlandi, le parve il piú dolce nome della terra.

Né solamente colle stelle ella componeva quel