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Sulle rive della Sonna. 111


L’amore l’aveva presa alla sprovvista. In quell’anima orgogliosa il padrone era entrato d’assalto; ella si trovava atterrata e vinta senza aver quasi combattuto.

Questo stato violento durò due o tre giorni.

L’esaltazione cresceva, il riposo non le era più permesso; un turbine di sensazioni acute e snervanti la rapiva a se stessa e a’ suoi doveri. Quante volte, ella, che sapeva a memoria i poeti, ripetè il verso di Leopardi:

Ohimè, se quest’è amor com’ei travaglia!

Ma il contro-attacco venne, troppo naturale nel suo carattere altero. Chi era alla fine il signor Giovanni? Bello, sì, simpatico, intelligente; ma chi era? Il figlio di un povero organista — e lui un povero allevatore di animali, un contadino, un dottore senza diploma!

Quella casetta bianca, elegante, solitaria, cinta d’oleandri, conteneva altra cosa fuorchè degli attrezzi da campagna, delle sementi e delle bestie? Non un libro — oh! ne era ben certa. Poteva esistere un tramite tra le idee del signor Giovanni e le sue? Poteva egli comprenderla? Poteva ella amarlo? L’eleganza dei suoi modi era