Pagina:Neera - Un romanzo, Brigola, Milano, 1877.djvu/145

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Olimpio che costeggiava la strada si piantò nel mezzo: quei due si mossero.

— Chi va là? domandò senz’ombra di alterazione nella voce.

Nessuna risposta; ma uno degli sconosciuti fece un balzo e lo afferrò alla gola, intanto che l’altro tentava sorprenderlo di dietro. Olimpio non glie ne lasciò il tempo, perchè liberatosi dal primo lo gettò violentemente per terra e con una rapida mossa si pose in guardia rotando maestrevolmente la canna.

Il secondo aggressore non mostrava molta voglia di arrischiarsi, ma l’altro trascinandosi carpone toccava quasi una gamba d’Olimpio che fieramente atteggiato aveva una posa degna dell’Antinoo greco. Il suo occhio attento vide l’insidia, indietreggiò un passo e assestando un colpo sulla testa del disgraziato, lo rese immobile.

Era il povero Rocco.

Pietro, sbigottito, levò il piede alla fuga, e Olimpio che forte e audace detestava i vili, lo raggiunse e lo conciò così bene per le feste da toglierli per sempre il grillo di fare il paladino.

Poi calmo, sereno, zuffolando un’arietta proseguì la sua strada, lagnandosi solo che quell’incidente gli avesse fatto perdere l’eccellente sigaro che stava fumando.

A Giulia, che lo aspettava malinconica, non disse