Pagina:Neera - Un romanzo, Brigola, Milano, 1877.djvu/220

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mordace, che Olimpio capì perfettamente, perchè quei due erano fatti apposta per comprendersi.

— Sospirare sotto la finestra, scrivere dei madrigali, carpire una viola, sono mezzucci da scolaro...

— Da principiante!... interruppe ella col suo sorriso che tagliava come una lama affilata.

— Quando nulla si arrischia dov’è il merito dell’impresa?

— È la mia opinione.

Olimpio sapeva di essere sulla buona via e continuò fissando ardentemente la contessa.

— Posporre tutto alla donna che si ama — avere un amico solo e sacrificarglielo — offrire la vita a’ suoi piedi — sprezzare il mondo — sfidare Iddio — non è così che voi intendete l’amore?

Ella gli porse la sua bella mano senza guanto.

Egli non la prese.

— L’elemosina di una lontana speranza è una gioja troppo piccola per l’uomo che si è innalzato fino a desiderare voi, contessa!

I suoi occhi azzurri scintillarono.

Ella fu sul punto di gettargli le braccia al collo; ma non lo fece — era troppo presto — e si accontentò di rispondere sorridendo:

— Sapete cosa cercate?

— Il pomo d’oro del giardino delle Esperidi — diss’egli senza scomporsi.