Pagina:Neera - Un romanzo, Brigola, Milano, 1877.djvu/46

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una mano in quella di Olimpio, l’altra pendente a sfiorare l’onda — la rosa, sprigionata dai capelli, le giaceva ai piedi.

— Come sono beata! vorrei morire.

— Morire, morire, non mi piace questa parola, ripetè Olimpio. Parlami d’amore, parlami di gioja, ma no, non dir nulla, baciami solamente.

Raccolse la rosa e gliela pose in seno.

— Godi questo fiore, o fanciulla, perchè all’alba del domani sarà già appassito.

— E l’alba si avvicina!

Tacitamente la gondola aveva ripreso il canale — il gondoliere cantava:


«Vieni o bella, vien sul mar...»


— Mi fai ricordare, disse Olimpio, che ho preso moglie stamattina e certamente ella mi aspetta.

— Hai preso moglie? e me lo dici adesso?

— Che vuoi! l’avevo dimenticato.

All’annuncio che Olimpio aveva preso moglie, Maria sentì due fitte acute nel cuore: una di dolorosa gelosia, l’altra vaga, inconsapevole, indistinta, ma quasi giuliva, rasentava la consolazione. Maria presentiva che la sposa di Olimpio, come le sue amanti, non sarebbe felice.

Quell’uomo freddo e volubile poteva dare l’ebbrezza d’un momento, non la pace d’un affetto sicuro.