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Una giovinezza del secolo XIX 211


crudele era quando, in certe sere di feste solenni, le mie zie si mettevano in mente di giuocare a tombola; supplizio indescrivibile per me che detestavo ogni sorta di giuochi e che vedevo portarmi via i pochi istanti preziosi della mia libertà per allineare fagioli in un rettangolo di cartone. Ma poteva l’estrattore gridare tutti i novanta numeri del giuoco, ed altri ancora, che i numeri della mia cartella restavano sempre vuoti, suscitando l’indignazione della zia Nina, la quale non mancava di chiamarmi egoista, mentre io, incorreggibile ragionatrice, andavo almanaccando perchè il mio desiderio di scrivere, che non chiedeva sacrifici ad alcuno, fosse egoismo, e non lo fosse l’imposizione fatta a me di sacrificare il mio unico svago per unirmi a giuocatori che non avevano alcun bisogno dell’opera mia.

Avevo, ed ho ancora, l’abitudine di disinteressarmi de’ miei scritti appena vi abbia posta la parola fine; la sola differenza sta nel fatto che ora li pubblico e allora li distruggevo. Non essendo per temperamento collettrice, tutta quella carta scritta mi dava noia. Sono d’altronde convinta di non aver disperso nessun capolavoro; vorrei anche poter distruggere, e sarebbe meglio