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212 Una giovinezza del secolo XIX


buona parte delle mie prime pubblicazioni, ma spero che il tempo lo avrà già fatto. Al modo col quale mi sono formata, studiando a vanvera, leggendo a sorte, priva di consigli e di direttiva, dovevo necessariamente procedere a tentoni, a urti, a sbalzi, a cantonate, arrivando tardi a quella meta dove altri giungono di primo acchito. È bensì vero che alcuni critici troppo indulgenti credettero di scorgere una buona promessa in quei primi lavori abboracciati, superficiali, intinti nella pece delle cattive letture, e il pubblico, sorpreso forse di trovare nelle mie novelle la nota di un umorismo assolutamente raro nelle donne che scrivono, se ne divertì senza badare alla scorrettezza della forma e mi accolse con grande simpatia; ma io ebbi la fortuna di non inebbriarmi alle prime lodi. Riconosco in ciò una vera fortuna che auguro e raccomando vivamente a tutti i principianti. Non la quantità della lode soddisfa un solido criterio, ma la qualità. Senza fissare propriamente una meta, c’era latente in me il desiderio della qualità; sentivo di meritarmi una stima superiore a quella di semplice novellatrice, e se tanta sicurezza bastava per sorreggermi nella prova, devo confessare che solamente in seguito alla pubblicazione di Teresa si incominciò a prendermi sul