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Una giovinezza del secolo XIX 233


varolo, disse subito che non c’era nemmeno da pensarci, con quel tempo, un tempo mai visto! Replicai se fosse possibile trovare una carrozza. "Ma chi vuol mai che metta fuori una carrozza con quest’ira dì Dio?" soggiunse l’ostessa, e concluse suggerendomi di dormire la notte a S. Pier d’Arena, che l’indomani si sarebbe provveduto.

Ma la mia insistenza a voler partire dovette essere stata ben tenace, perchè mezz’ora dopo salivo in un trabiccolo che giaceva abbandonato nel cortile, uno di quegli antichi omnibus chiamati in paese scimmie, non so perchè; una vera carcassa spelacchiata che aveva perduto l’imbottitura, sulla quale dal soffitto sforacchiato nevicava come in piazza e vi nevicava certo da parecchie ore essendosi già formato una specie di rivoletto che dovetti saltare alla meno peggio per prender posto sullo stretto sedile dove rimasi appollaiata: rassegnata oramai alla mia sorte apersi l’ombrello. "Cara zia Margherita, in quale stato l’avrei trovata?" Questo era il pensiero dominante, il pensiero unico, mentre lo strano veicolo a trabalzi e a scossoni mi portava attraverso un deserto di neve verso la tristissima meta. Ma prima ancora di giungervi dovetti abbandonare la mia arca, per il fatto della sua mole antiquata, che non le permetteva di