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70 Una giovinezza del secolo XIX

una camera in fondo all’appartamento. Mi inoltrai col cuore che batteva verso il mio nuovo destino, cercando di ricordarmi la faccia di quelle zie, che trovai (fosse stato ieri non mi sarebbe possibile averne una visione più precisa) in una stanza di disimpegno brutta e disadorna. La zia Margherita stava seduta con un rocchetto sulle spalle i pochi capelli grigi sciolti sugli omeri, un libro di preghiere in mano; sopra una sedia collocata dinanzi a lei c’era una scatola oblunga di legno bizzarramente dipinta, nella quale si ammontichiavano spazzole, forcine, un altro libro di preghiere (che era quello della zia Nina) e un pezzo di candela di sego. In piedi dietro a lei la zia Nina la stava pettinando. Al mio apparire la zia Nina ristette qualche minuto col pettine in mano, la zia Margherita sollevò gli occhi dal libro. Dissero una o due parole e ripresero la loro occupazione. Involontariamente rividi come in un barbaglio di luce lontano il dolce sorriso della zia Carolina e l’onda nera de’ suoi magnifici capelli.

Le sorelle di mio padre, pur differendo l’una dall’altra, avevano in comune un tipo di razza forte. Brune e secche le loro mani e le loro braccia attraversate da grosse vene a fior di pelle ricordavano un po’ le radici di un albero. Avendo