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Pagina:Neera - Vecchie catene, Milano, Brigola, 1878.djvu/63

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Entra il notajo, si avanzano i testimoni; le signore siedono e fanno il possibile per non ciarlare. Gli uomini si addossano agli usci, alle finestre, dietro certe poltrone privilegiate.

Si forma circolo intorno al tavolino dove scintilla il calamajo d’argento e dove posa inconsapevole della sua importanza la penna che deve scrivere tutto un avvenire.

Il colpo d’occhio è lieto e imponente; ma la figura principale, quella che si distacca in tono più risentito da tutte le altre, la padrona, la regina non è Diana, è la baronessa.

Mai era apparsa così bella.

I suoi amici, abituati a vederla nei mesti abiti vedovili, l’ammiravano quella sera splendente e superba con un vestito di velluto viola, di cui la scollatura, pudica e sapiente, rivelava, fra una nube di candide trine, tesori tenuti sepolti per dieci anni.

Sul limite della giovinezza si danno di quei giorni di abbagliante fulgore, lampi di una potenza moribonda, e che concentra ne’ suoi ultimi raggi le sue forze estreme.

Se vi è qualcuno che sia sensibile alle calde bellezze dell’autunno, che abbia assaporato sotto i grandi alberi frondosi la morbidezza di un frutto maturo; se qualcuno ha mai seguito con occhio d’artista le curve sinuose delle valli coperte di muschio, ora