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suo salotto, ella cercava negli occhi di Luigi una scintilla che rispondesse a’ suoi segreti pensieri, che le dicesse: — Io ricordo come te i giorni del nostro amore sorto nelle pallide sere d’inverno e fiorito fra i giacinti e le viole in una azzurra notte di primavera.
Ma gli occhi di Luigi seguivano con accanimento le oscillazioni politiche dei giornali, e mostrava non accorgersi di quel romanticismo retrospettivo.
Una volta — era la fine di maggio — Diana venne a dare il buon giorno alla baronessa con un’aria così diplomatica, così misteriosa ed insolita, che la zia non potè a meno di interrogarla.
Dopo molti giri e rigiri, Diana mise fuori una parola, poi diventò rossa e vi appiccicò la seconda, finalmente mormorò la terza cercando un rifugio sulla spalla della baronessa.
Questo enigma, sciolto in lingua volgare, significava: — Credo di essere incinta.
Se Diana avesse guardato sua zia, l’avrebbe vista mutarsi nel viso e scolorirsi tutta, ma ella in quel punto la teneva abbracciata, e sentì appena i complimenti e i mirallegro fatti con tutta l’apparenza di un sentimento sincero, senza che la voce palesasse l’urto degli interni affetti.
Oh! come aveva potuto la baronessa ingannarsi a tal punto da credere il suo cuore abbastanza vec-