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Pagina:Negri - Le solitarie,1917.djvu/100

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94 gli adolescenti


Antonella intravide due devastati volti, riudì due voci fischianti a fionda: Petruccio ritrovò l’eco del pianto di sua madre — una pallida signora milanese venuta da un anno a Zurigo col pretesto apparente di avviare il figlio agli studi d’ingegneria, col vero scopo di ottenere la cittadinanza svizzera per divorziar dal marito; che, sul limitare della cinquantina, aveva perduto la testa per un’attrice di cinematografo.

E vibrarono, nel pensiero comune; e la comune sofferenza li serrò più vicini. Tanto, non passava un’anima: non vivevano, in giro, che i passeri e gli alberi.

— Ebbene, Gioietta, sempre malinconie, nella casa?...

— Sempre. E da te?...

— Sempre. Mammà scorre le sue giornate, ormai, negli uffici degli avvocati. Intanto dimagra, si affila, s’inasprisce, perde il sonno e la grazia. Quando è a stremo di forze si aggrappa a me, e geme sulla mia spalla: (io sono tanto più alto di lei!...) “Mi resti tu solo, mi resti tu solo!...„

— Poveretta!...

— È da compiangere, sì. Ma non potrebbe,