Pagina:Negri - Le solitarie,1917.djvu/327

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il denaro 321


Le liberò il viso dal velo, glielo prese — poi ch’eran soli nello scompartimento — fra le palme, con uno de’ suoi gesti rudi; e fece, ridendo, l’atto di morderla.

— Guai se non ti ricordi!... Ti mangio.

Gli occhi di Veronetta si velarono di voluttuoso languore; un brivido le discese dalla nuca alla schiena.

Fu nient’altro che una cosa sua, una sensibilità tutta aperta ch’egli poteva far vibrare a suo capriccio.

— Mi ritrovo, adesso. La fabbrica, fuori porta: guarda. Quei padiglioni larghi e bassi, quelle due ciminiere. La povera mamma morì là dentro. Dorme là dentro, per me. Quanto tempo!... La mamma!... Mi pare un secolo. Non l’ho compresa, non l’ho amata come meritava. È il destino di tutte le mamme, forse.... Dio, che sole!... E come son bianchi i muri, quando il sole li arroventa!... Adoro il sole. Sono felice, Fausto.

Il treno rallentò fischiando, ebbe due o tre scossoni, si arrestò sotto la tettoia plumbea. Balzato a terra, l’uomo erculeo, d’una solidità di quercia, in un’esplosione di gioia che lo fece ridiventare fanciullo, accolse Ve-