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42 una serva


panchettino sotto i piedi della languida padrona, nessuna certo avrebbe avuto tanta delicatezza di movimenti. Era giunta, a forza d’intuito e d’amore, a comprendere alla muta i desideri de’ suoi signori, da un cenno, da un volger di testa, da un batter di ciglia, da un silenzio improvviso. L’ingegnere, furioso a volte come un temporale di luglio, che romba, tuona, lampeggia, per poi lasciare il cielo più sereno di prima, riusciva più spesso a calmarsi ascoltando una sommessa e sensata parola di Anin, che davanti al tremante pallore, al genuflesso mutismo, all’annientamento morale di sua moglie. Liana Carmi, dopo aver messo penosamente al mondo un cencio di creaturina morta prima ancor d’esser nata, cadde in preda ad una malattia d’esaurimento che la ridusse della trasparenza d’un cero, e la tenne a lungo fra letto e lettuccio, con periodiche crisi di cardialgia, in ciascuna delle quali ella agonizzò senza morire.

Durante quel tempo di dolore, Anin dimenticò sonno, stanchezza, fame. Fu un’infermiera indicibilmente devota, senza mai dipartirsi, con un tatto speciale che aveva del