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Pagina:Nepote - Vite degli eccellenti comandanti, Sonzogno, Milano.djvu/61

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CCELLENTI COMANDANTI esilio. Tra questi ultimi fu Pelopida, di cui ahhiamo ora preso a scrivere. II Quasi tutti costoro s erano portati in Atene, non già per viverci in ozio, ma per tentare di ricuperare la patria per qualunque via avesse lor da vicino presentata la sorte Laonde quando tempo loro parve di venir a’fatti, d’accordo con quei che erano in 1 ebe dello stesso partito per opprimere i nemici, e liberar la città, fissarono quel giorno in cui i supremi magistrati eran soliti banchettare insieme. Spesse volte imprese grandi si son fatte con poco numero di gente; ma non accadde mai, che da al tenue principio fossero si grandi forze abbattute. Imperciocché dodici giovinetti si unirono insieme tra quelli ch’erano stati cacciati in esilio, non essendo in tutto più di cento coloro che si esposero a sì gran cimento, dal qual poco numero fu la potenza degli Spartani rovesciata. Impercioochè costoro, in quel tempo, non mossero la guerra più alla fazione degli avversarli, che agli Spartani, che erano i capi di tutta la Grecia; la cui imperiosa maestà, non molto dopo la battaglia l.euttra, in conseguenza di questo fatto, abbattuta sen cadde. Que’ dodici, adunque, alla cui testa era Pelopida, essendo di giorno usciti d’Atene così che potessero sul far della sera giungere a Tebe, si misero in via con cani da caccia e con reti, vestiti alla rustica, per rendere meno sospettosa la loro andata. I quali essendovi arrivati nel tempo appunto che avevano divisato, voltarono alla casa di certo Carone, dal quale il tempo ed il giorno era stato assegnato. III. Piacemi qui Tramezzare, quantunque cosa dal proposito nostro separata, quanto nuocer soglia il fidarsi troppo Imperciocché in un subito giunse all’orecchio de’ magistrati essere gli esuli entrati in città. Della qual cosa coloro, dati al bere e al mangiare, così poca briga si pigliarono, che non pensarono nè pure a verificare affare sì importante. S’aggiunse anche un fatto che manifestò vieppiù la loro sciocchezza. Archia, jerofante, uno d’essi,avea da Atene mandata una lettera ad Archia, che allora sosteneva in Tebe il supremo magistrato, nella quale si dava compiuto ragguaglio della partenza degli esuli. Essendogli questa recata mentre era già sdrajato a convito, così sigillata com’era, ponendola egli sotto dell’origliere: Per dimani, disse, io riserbo le cose serie. » Ma avanzatasi la notte, furono tutti coloro ubbriachi uccisi dagli esuli, sotto la scorta di Pelopida. Terminate le quali cose, eccitata la moltitudine alle armi ed alla libertà, non pur que’ che in città si trovavano, ma dalle campagne ancora concorsero d’agni parte; scacciarono dalla fortezza Il presidio degli Spartani e liberarono la patria dall’assedio, XVI. PE