Pagina:Nerucci - Sessanta novelle popolari montalesi.djvu/438

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NOVELLA LI


Caterina (Raccontata dalla ragazza Giuditta Diddi contadina)


Una volta c'era un Re e una Regina che avevano una gran brama che gli nascessi una creatura; che fusse mastio o femmina nun gl'importava a loro, pure di non restare sempre soli 'nsenza erede nel mondo; e il Signore finalmente, quando gli parse, gli disaudì que' regnanti, perché gli ebbano una bambina e furno dimolti allegri di questa grazia, e nun si pole dire in che mo' s'addevano a rallevarla la figliola con tutta l'attenzione, e gli posano per nome Caterina. Dunque Caterina vieniva su propio per bene e in nel crescere diventava bella e garbosa di naturale; sicché il su' babbo, a' tempi che lei fu grandettina da struirla, gli prendette un Maestro per imparargli a leggere e a scrivere e tutto; ma per nun dargli troppo svago a' su' studi, lui volse che il Maestro gli andess'a abitare con la scolara in una villa reale discosta dalla città, e al Maestro gli diede questi comandi: Che badassi alla su' figliola, che lei fusse 'struita perfetta; ma se lei era disubbidiente lo voleva sapere per gastigarla, e la pena era il taglio del capo. La Caterina a quel mo' col su' Maestro sempre alle costole studiava a morte e si faceva dimolto brava; lei cognosceva tutt'i libri quasimente a paragone d'un dottore, e anco s'appalesava gentilina e educata per ugni lato e una brava e bellissima ragazza: per su' disgrazia però, il Maestro, abbeneché attempatotto, a starci assiemo con lei e' finì con innamorarsene fora di ragione, e un giorno che nun ne poteva più gli domanda alla sfacciata: - Caterina, che mi vo' bene? Dice lei: - Perché n