Pagina:Nietzsche - La volontà di potenza, 1922.djvu/164

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- «ragione», ecc. è n e c e s s ar i o — : vi è in noi una potenza che ordi- na, semplifica, falsifica, scinde artificialmente. « Verità » è volontà di diventar padroni della molteplicità delle sensazioni : un ordinare i fenomeni in determinate categorie. Qui noi usciamo dalla fede nel- r«i in-sè » delle cose (consideriamo i fenomeni come reali). 11 carattere del mondo del divenire come non riducibile a formule, falso, con traddicen tesi. Conoscenza e divenire si escludono. Quindi il « conoscere » dev'essere qual- cosa di diverso: una volontà di rendere conoscibile deve precedere, una specie dello stesso divenire deve produrre l' illusione del- l'ente. 339. Affermare e negare la stessa cosa non ci è possibile; è questo un principio sperimentale subiettivo, col quale non si esprime ai- cuna « necessità », ma soltanto un'incapacità. Se, come dice Aristotele, il principio di contraddizio- ne è il più certo di tutti i principi fondamentali, se esso è l'ultimo e il pili fondamentale al quale si riattaccano tutti i processi dimo- strativi, se in esso trovasi il principio di tutti gli assiomi, tanto più rigorosamente si dovevano vagliare le affermazioni che esso già in fondo presuppone. 0 con esso viene affermato qualche cosa rispetto al reale, all'essere, come se lo si conoscesse già prima per altra via; vale a dire che ad esso non possono venir attribuiti predicati opposti; ovvero il principio significa che al reale non devono venir riferiti predicati opposti. Allora la logica sarebbe un imperativo, non per la conoscenza del vero, ma per la posi- zione e l'ordinamento di un mondo, che per noi deve dirsi vero. In breve, ecco la questione : sono gli assiomi logici adeguati al reale, o sono essi misura e mezz"». per creare a noi stessi il reale, il concetto di « realtà »?... Per poter affermare la prima tesi si do- vrebbe, come s'è detto, conoscere in precedenza l'essere; il che di- sgraziatamente non è possibile. Il principio non contiene dunque alcun 'Criterio di verità, ma solo un imperativo intorno a ciò che deve essere considerato come vero. Posto che non vi sia un tale A identico a se stesso, come pre- suppone ogni principio della logica (anche della matematica), A sa- rebbe già una i 1 1 u s i o n e, e la logica avrebbe come presupposto un mondo solo apparente.