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secondo e questi dà del suo superfluo. Come sarebbe possibile una confusione?

Quando l’esaurito si presentava coll’attitudine dell’attività e dell’energia superiore (quando la degenerazione implicava un eccesso nella scarica intellettuale, spirituale o nervosa) allora lo si confondeva con chi era ricco.

Destava timore. Il culto del pazzo è sempre anche il culto di colui che è ricco di vita, del potente. Il fanatico, l’indemoniato, l’epilettico religioso, tutti gli eccentrici sono stati considerati come tipi superiori della potenza: come divini.

Questa specie di forza che destava la paura era considerata anzitutto come divina: fu questo il punto di partenza dell’autorità: questo fu interpretato, udito, cercato come saggezza.... Di qui si svolse quasi dappertutto una volontà di «divinizzare», cioè il desiderio d’una degenerazione tipica dello spirito, del corpo e dei nervi: un tentativo per trovar la via di questo modo di essere superiore. Farsi malato, farsi pazzo, provocare i sintomi dello sconvolgimento, voleva dire diventare più forte, più sovrumano, più terribile, più saggio; si credeva con questo di diventare tanto ricchi in potenza da poterne cedere una parte. Dovunque si è adorato, si è cercato qualcuno che potesse cedere qualcosa.

L’esperienza dell’ebbrezza conduceva qui in errore. Questa aumenta al più alto grado il senso del potere, quindi, se si giudica ingenuamente, il potere stesso.

Al più alto grado del potere doveva trovarsi il più ebbro, cioè l’estatico — (esistono due punti di partenza dell’ebbrezza; l’eccessiva pienezza della vita e uno stalo di nutrizione morbosa del cervello).


51.


Da intendere: che ogni specie di degenerazione e di malattia ha continuamente contribuito alle valutazioni generali; che in queste valutazioni divenute dominanti la «dècadence» è persino giunta a prendere il sopravvento; che noi non abbiamo soltanto da combattere contro le condizioni create da tutte le miserie della degenerazione attuale, ma che tutta la «dècadence» fin qui esistita è rimasta vivente.

Un tale complesso smarrimento degl’istinti fondamentali della umanità, una simile completa «dècadence» delle valutazioni è il problema «par excellence», il vero enigma che l’animale «uomo» propone al filosofo.