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40 | racconti fantastici |
È superfluo il dire se il nostro viaggiatore abbia festeggiato il suo banchetto e avesse voglia di riposarsi. L’amore gli trottava un po’ nella testa, è vero, ma dodici anni non sono l’età in cui l’amore tolga il sonno; Fior de’ Piselli vista appena non aveva lasciato al suo pensiero che l’impressione affascinante di cui il sonno soltanto gli poteva rendere la illusione. Ragione di più per dormire, se ve ne sovviene come a me. Tuttavia era troppo prudente per abbandonarsi a questa gioia poltrona prima di essersi assicurato dell’esterno del padiglione, il cui splendore bastava per attirare di lontano i ladri e le guardie del re. Ve n’ha in tutti i paesi. Uscì dunque dalla cinta magica col bidente aperto alla mano come il solito per fare il giro della tenda e assicurarsi della solidità del suo accampamento.
Appena fu pervenuto all’estremo confine segnato da una piccola fossa scavata dalle acque e che la capretta avrebbe saltata senza fatica, Tesoro delle Fave s’arrestò preso dal brivido di un coraggioso, poichè il vero coraggio ha dei terrori comuni alla nostra povera umanità e non ripiglia forza che mediante la riflessione. E v’era in fede mia, di che riflettere davanti lo spettacolo di cui parlo. Era una linea di battaglia dove rilucevano nell’oscurità d’una notte senza stelle, dugento occhi ardenti e immobili davanti ai quali correvano senza posa dalla dritta alla sinistra, dalla sinistra alla dritta e ai fianchi due occhi penetranti ed obliqui, la cui espressione indicava chiaramente la ronda d’un generale molto attivo. Tesoro delle Fave non conosceva nè Lavater nè Gall nè Spurzheim; egli non era della società frenologica: ma aveva lo schietto istinto di natura che insegna a tutti gli esseri creati a discernere da lontano la fisionomia d’un nemico; e però non ebbe guardato molto il comandante in capo di questa lupaglia affamata che riconobbe in lui il lupo codardo e piaggiatore che gli aveva destramente scroccato sotto colore di filosofia e di virtù l’ultimo de’ suoi quartucci.
— Messere lupo, disse Tesoro delle Fave, non ha perduto tempo per riunire il suo gregge o lanciarlo alle mie calcagna! Ma per qual mistero han potuto raggiungermi in tanti, se questi, furfanti non hanno pur essi viaggiato in un cece? — È probabilmente, riprese sospirando, che i segreti della scienza non sono ignoti ai cattivi, e pensandovi non sono lontano dal crederneli gli inventori essi stessi per meglio pigliare le buone creature nelle loro detestabili trappolerie.
Tesoro delle Fave era prudente nelle sue cose, ma subitaneo nelle risoluzioni, cavò la valigia dalla borsa in cui l’aveva riposta insieme al calesse, staccò il se-