Pagina:Nodier - Racconti Fantastici, 1890.djvu/68

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torna al luogo dei bagni ove si alza a poco a poco la superficie dell’onda salutare, ella corre, cantando dello arie che scacciano i demoni, e toccando di tempo in tempo le corde di un’arpa errante che alcuni geni ubbidienti non mancano mai di offrirle prima che i suoi desideri abbiano il tempo di farsi conoscere passando dalla sua anima a’ suoi occhi. Ella va, corre e l’arpa va, corre e canta sotto la sua mano. Ascolta il tintinnio dell’arpa che risuona, la voce dell’arpa di Mirteo: è un suono pieno, grave, solenne che fa dimenticare le idee terrestri, che si prolunga, si sostiene, occupa l’anima come un pensiero grave, severo: e poi vola, fugge, svanisce, ritorna; e le arie dell’arpa di Mirteo (incanto meraviglioso delle notti), le arie dell’arpa di Mirteo che volano, fuggono svaniscono, e ritornano ancora — come ella canta, confesse volano, le arie dell’arpa di Mirteo, le arie che scacciano i demoni!... Ascolta, Palemone, le odi tu?

In verità io ho provato tutte le illusioni dei sogni, e che sarei allora diventato senza il soccorso dell’arpa di Mirteo, senza il soccorso della sua voce, così pronta ad interrompere il riposo travagliato e gemebondo delle mie notti?... Quante volte nel mio sonno mi sono inchinato sull’onda limpida e placida, l’onda troppo fedele nel riprodurre i miei lineamenti alterati, i miei capelli drizzati per terrore, il mio sguardo fisso e triste come quello della disperazione, che non piange più!... Quante volte ho fremuto, vedendo le tracce di un sangue livido correre intorno allo mie pallide labbra; sentendo i miei denti tremanti, spinti fuori dai loro alveoli, le mie unghie staccate dalle loro radici, crollare e cadere! Quante volte inorridito dalla mia nudità, dalla mia vergognosa nudità mi sono abbandonato inquieto allo scherno della folla con una tunica più corta, più leggera, più trasparente di quella che avvolge una cortigiana lì presso al letto sfrontato della dissolutezza! Oh! quante volte delle visioni più orride, delle visioni che Palemone stesso non conosco punto... E che sarei divenuto allora, che sarei divenuto senza il soccorso dell’arpa di Mirteo, senza il soccorso della sua voce e dell’armonia ch’ella insegna alle sue sorelle, quando la circondano obbedienti, per calmare i terrori dell’infelice che dorme, per far sentire dei canti venuti da lontano, come il venticello scorrente fra poche vele, canti che si maritano, che assopiscono i sogni tumultuosi del cuore, e che incantano il loro silenzio in una lunga melodia.

E ora, ecco le sorelle di Mirteo, che hanno preparato il festino. Vi è Teia, riconoscibile fra tutte le figlie della Tessaglia quantunque la maggior parte di esse abbia una capigliatura nerissima cadente sulle spalle più bianche