Pagina:Nodier - Racconti Fantastici, 1890.djvu/90

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mesi dopo la nascita. Si cercherebbe a lungo prima di trovare una donna buona come la nonna di Ametista e di Zaffiro, buona anzi fin troppo, ed è questo un inconveniente nel quale le donne cadono volontieri quando si son pigliate il disturbo di essere buone; ma questo caso non è tanto comune da procurarsi delle inquietudini. Noi la designeremo perciò col sopranome di Troppobuona, per evitare all’occorrenza la confusione.

Troppo-buona amava svisceratamente i suoi figliuoletti che ella educava come se non li avesse amati mai. Lasciava loro soddisfare ogni capriccio, nè parlava loro di studi, e giuocava con essi per aguzzare e rinnovare il piacere quand’erano stanchi di baloccarsi. Ne avveniva che essi sapevano ben poco o nulla e che se non fossero stati curiosi, come lo sono tutti i fanciulli, non avrebbero saputo niente del tutto.

Tuttavia Troppo-buona era da vecchia data l’amica del genio Buonuomo, ch’ella aveva conosciuto in gioventù; non so dove, molto probabilmente non alla corte, e con lui si accusava spesso nei loro colloquii segreti di non aver avuto la forza di provvedere all’istruzione di queste due carissime creaturine, alle quali ella poteva mancare da un momento all’altro. E il genio aveale data parola di pensare a ciò quando i suoi affari glielo avrebbero permesso; ma egli s’occupava allora a rimediare a’ tristi effetti dell’educazione dei pedanti e de’ ciarlatani, che cominciavano a essere alla moda, e aveva molto da fare.

Pure una sera d’estate Troppobuona, secondo il suo costume, s’era coricata di buon’ora: il sonno degli onesti è così dolce! Ametista e Zaffiro s’intrattenevano nel salone con qualcuno di quei nonnulla che empiscono la fatua oziosità dei palazzi; e avrebbero più d’una volta sbadigliato nel guardarli, se la natura non avesse avuto cura ai distrarli con uno dei fenomeni più spaventevoli, sebbene tra i più comuni. L’uragano imperversava al di fuori. Di tratto in tratto i lampi infiammavano l’immenso spazio dove si incrociavano in zig-zag di fuoco sulle invetriate traballanti. Gli alberi del viale crollavano o si fendevano con fracasso; il fulmine rimbombava nelle nuvole come un carro di rame; nulla v’era, nemmeno la campana della chiesetta che non tremasse di terrore e non mischiasse i suoi lamenti, lunghi e sonori al fracasso degli elementi. Era sublime e terribile!

A un tratto i domestici vennero ad annunciare d’aver raccolto alla porta un vecchietto macero per la pioggia, quasi molto di freddo e probabilmente anche di fame, perchè la tempesta doveva averlo molto sviato dal suo cammino.

Ametista, che s’era stretta nel suo spavento al seno del