Pagina:Notizie biografiche di S. Eminenza Reverendissima il cardinale Giuseppe Morozzo (Avogadro di Valdengo).djvu/6

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la chiesa, in sostegno del Trono Sabaudo. Parecchi furono nell’armi famosi, nel trattar guerre e pace abilissimi, altri ai miti studi applicati, altri dell’infula sacra ornati. Il padre del nostro porporato fu nella coltura delle amene lettere assai distinto. Un indice abbiamo delle sue opere inedite, scritte dal ch.mo conte Prospero Balbo, nella vita del Conte Carlo Lodovico Morozzo, di lui figlio, luminare delle scienze fisiche a’ suoi tempi, e a cui la Torinese Accademia delle Scienze, dopo quei primi fondatori Saluzzo, Cigna, Lagrange moltissimo va del suo lustro e splendore debitrice. La madre di questo, del nostro Giuseppe, e di ben otto altri figli, fu la Marchesa Cristina Morozzo, figlia di Giulio Cesare Bertone dei Balbi, Conte di Sambuy, Cavaliere dell’Ordine Supremo della SS. Annunziata, e sorella di Marco Aurelio Cancelliere dell’Ordine medesimo, illustre Vescovo di Novara.

Sortì da natura Giuseppe Morozzo ingegno acre, pronto, vivace, facile a penetrar con profitto ne’ più reconditi misteri della scienza. Orbato ne’ primi suoi anni del padre, passò tra le amorevoli cure della madre, e quelle dell’ottimo zio Monsignor Bertone intemerata la puerizia.

Giovanetto vestì l’abito de’ cherici, ed era agli altri di esempio nella compostezza della persona, ne’ sacri riti, nelle cerimonie, ed in ispecie nella pietosa premura di catechizzare i rozzi fanciulli: indizi felici di quell’egregio spirito sacerdotale, che tanto in vita poi lo distinse. Un tal senno virile sin d’allora mostrava, che i parenti ne presagivano qualche cosa di grande, ed era dagli eguali con rispettosa distinzione riguardato.

Ai domestici ammaestramenti nelle scienze, tennero dietro quelli dell’Abate Paolo d’Allegre suo privato precettore, che fu poi Canonico della Cattedrale di Novara, Vicario Generale, Arcivescovo di Amasia, e Vescovo di Pavia.

Con sì felice successo coltivò i primi rudimenti delle scienze, e sì presto se ne istruì, che a quindici anni già fu creduto capace di essere iniziato nelle sublimi teologiche dottrine. A queste discipline aveva il giovanetto preparato l’animo studiando nelle lettere, nella eloquenza, nella filosofia, nella fisica, e nella storia. Tanto era pronta e tenace la memoria, e di naturale acutezza fornito l’ingegno.