Pagina:Notizie del bello, dell'antico, e del curioso della città di Napoli.djvu/145

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cilia: e poscia questa bella parte d’Italia, che ne stava

    segnalossi per laboriosa e sensatissima osservazione, per indipendenti ricerche o per savio eccletismo. Non si dee tacere che qualche principalissimi medici accolsero le nuove scoperte non meno che gli altrui sistemi, ma fu con prudenza e riserbo. Per contrario alcuni li combatterono e modificarono, e presso al fine del secolo il nudo empirismo andò tant’oltre in certuni, ch’e’ si trascorse a dire, aversi a cercar fatti, non cause e ragioni. Così, del pari che nel resto d’Italia, la più ricca e più stimabile parte della nostra medica letteratura fu in pratici trattati, e in narrazioni o storie di malattie. I medici ch’ ebber fama di autori non furon pochi, ma, avendo annoverato fra’ naturalisti il Serao e il Cirillo, starem contenti a nominar il Sarcone, il Sementini, che fe’ cadere la teorica della irritabilità dello Staller e valentemente criticò il sistema del Brown, e il Cotugno, per cui opera la fisiologia, la patologia e la terapeutica assai profittarono. Quanto alla notomia e alla chirurgia, questa per Bruno Amantea parve operatrice di prodigi, quella di molte scoperte fu debitrice all’occhio indagatore de’ Napolitani.
       Ed altro non restaci a dire di questa quarta età se non che le cose da noi discorse s’hanno ad aver soltanto per le più generali e rappresentative. Napoli a que’ dì, per la prestanza e il numero dei dotti uomini e degli scrittori, meritamente era stimata l’Atene d’Italia; però delle tante e svariate opere che vi si scrissero non si saprebbe mai dare idea intera con generali affermazioni. È poi risaputo che grandi e sanguinose sciagure alla fin del secolo ci furon sopra: gli studi vitalmente ne furon percossi e sì che, dopo un lungo languore, non è molti anni che sonosi ravvivati e sparsi, e che i Napolitani han preso in Italia l’amico lor posto.
       Ma di questa rinnovata cultura e de’ novelli progressi non dovendo nè volendo qui favellare, facciamo or fine alla narrazione, sperando di aver bastevelmente rifermato co’ fatti quel che in principio dicemmo, e tanto o quanto indicato le vicende principalissime della letteratura appo i nostri, e con quanto amore e gloria vi si sien tuttora adoperati. Da Re Manfredi a Carlo III Borbone, che son cinque secoli, i Napolitani furon sempre in tali termini, che coloro i quali, nomn li conoscendo, gl’insultano, niente vi