Pagina:Notizie del bello, dell'antico, e del curioso della città di Napoli.djvu/180

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sta benchè sia antichissima e nobilissima per origine, non e ascritta a’ Seggi.

    stringer per sete i cittadini alla resa, e ruppe l’acquidotto; ma gli tornò guasto il disegno, perciò che i nostri avean di molta acqua sorgente. Nondimeno il suo fatto servì per altro modo al proposito. Un soldato, vago di guardar da presso la nobile opera laterizia dell’acquidotto, vi si mise dentro, e giunse fin là dove ci avea una gran pietra nativa forata nel mezzo. Ciò gli parve un riso della fortuna, e si affrettò per rapportarne al capitano. Paucaro, condottiero de’ cavalli, trovò modo di allargare l’uscita, senza opera di picconi o martelli, ma usando di lime, affinchè strepito non fosse udito; cosi la pietra si aperse in guisa che un uomo armato di corazza e targa vi potea passare. Allora Bellisario, eletto quattrocento de’ suoi più arditi, lor confidò la malagevole impresa. In una notte del 537, alla quarta ora, i Greci riusciron dentro le mura, dove col favor del silenzio si adoperarono d’occupare una torre, uccidendo Arnesto e Polifago che vi stavano a guardia; quindi, dato forte nelle trombe, invitaron tutta l’oste a porre il fuoco alla porta che rispondeva a quel punto della città. Belisario entrò anch’egli per la sotterranea via de’ quattrocento; il grosso delle schiere per la porta bruciata, e Napoli fu preda dell’avidità e della ferocia del vincitore; il quale tanto crudelmente vi si diportò negli eccessi della rapina e della violenza, che il Pontefice glie ne fece acerbo rimprovero.
       Non erano se non da pochi anni ristorate le mura, che Totila, ridivenendo feroce dalia mansuetudine manifestata in Montecassino, quando S. Benedetto ne confuse la malizia e gli predisse la morte, presa che ebbe Napoli per fame, ne rovinò il ricinto, privandola interamente di difesa. Narsete, succeduto a Belisario, soccorse alla sventura de’ Napolitani; vinse Totila, sconfisse Teja su le sponde del Sarno, e ritiratosi nella nostra città, vi fermò dimora, dopo aver messo fine al regno Gotico in Italia nell’anno 555. In questa stagione Napoli fu riunita all’Impero Greco, e ne rispettò per lungo tempo l’alto dominio, essendo entrata nella nuova divisione degli Stati Italici, operata da Longino, successor di Narsete, quando, come vicario dell’Imperatore, si stabili nell’esarcato di Ravenna.