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I nobili di questi Seggi anticamente venivano con diversi titoli chiamati, come di giudici. d’ordine de’ patri-

    formidabile apparalo di guerra, e per forza di ostinate offese ruppe verso il mare la grossa muraglia della città. Gravissimo era il pericolo, imminente la strage, certa la miseria e la rovina della repubblica. Il popolo con desolato lamento volgevasi al Duca; la madre e due suoi figliuoli pregavanlo, come capo della famiglia e dello Stato, a mostrarsi il padre di quello, anz che loro, dovessa pure immolargli al pubblico bene. Stefano, agitato dalla calamità della patria, manda ambasciatori a Sicone, esponendogli essere ormai la città in sua balìa, ma che solo per allora si rimanesse d’entrarvi, imperocchè dovendo esser quella la più splendida gemma della sua corona, il dì seguente, a piena luce, impedendo la rapina de’ suoi, avrebbe potuto assai più far glorioso il suo ingresso; ed affinchè Sicone gli aggiustasse piena fede mandò per ostaggi la madre e i due figliuoli. Ciò fatto, e raccogliendo intorno a sè i cittadini a parlamento, lor disse: Io non sono più vostro Duca; ho perduto questo glorioso titolo nell istante che ho consentito di sottomettere la vostra patria al giogo de’ Beneventani. Voi siete liberi; sceglietevi un nuovo capo, il quale, più di me fortunato, rialzi le mura e vi conduca alla vittoria. I Napolitani udiron in pianto le nobili e pietose parole del Duca, e commossi non men vivamente di lui, lo sollevarono su’ loro scudi benedicendolo; quindi si volsero ad un’opera di maraviglioso valore. Credette Sicone a’ legati, ed acconsentì: ma in quella che si apprestava alla dimane ad entrar fastoso e trionfante nella città, i Napolitani, nella sola notte che si frappose, avevan rifatta, uomini e donne, la muraglia crollata, e tutti sopra di essa erano schierati, pronti a rintuzzare gli assalti del nemico. La patria carità del Duca non meritava la sorte che lo colpì: benchè uscisse vincitore de’ Longobardi, non guari dopo per alcuni satelliti di Sicone, col pretesto di fermar patti di pace, e d’alleanza, cadde ucciso a tradimento fra’ portici del Duomo. Nell’822 Buono fu gridato Duca; il quale prima intese a punire que’ vili sicarii che uccisero Stefano, altri abbacinando, ed altri mandando in esilio, e dipoi desideroso di francar la città dal tributo cui pochi anni innanzi si era obbligata con Benevento, venne a nuove guerre, che non vide compiute. I Napolitani molto pre-