Pagina:Notizie del bello, dell'antico, e del curioso della città di Napoli.djvu/232

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della roba commestibile, che chiamano assisa, perchè

    che la purezza de’ suoi costumi, la rettitudine del suo cuore, la sagacità del suo spirito gli agevolarono il sentiero alle meditate riforme.
       Dal 1734 a’ dì nostri novera Napoli sul suo trono quattro Sovrani della gloriosa stirpe di Errico IV. Prese e tenne il nostro Carlo la corona del reame per cessione del Re Filippo suo padre IV di Napoli e V in Ispagna per voto unanime delle Sicilie, e per effetto delia pace tra le potenze allora belligeranti, le cui condizioni relative all’Italia convalidarono a Carlo di Borbone la conquista delle Due Sicilie e delle piazze marittime della Toscana; all’Imperator Carlo VI i Ducati di Milano, Mantova, Parma e Piacenza; a Carlo Emmanuele III le città di Tortona e Novara co’ rispettivi territorii, e cinquantasette feudi delle Langhe; a Francesco di Lorena sposo di Maria Teresa e futuro Imperadore, il Gran Ducato di Toscana. Al nostro Carlo impertanto spettavasi cessare i lunghi danni, e ristorare dalle sorgenti tutte le ragioni di uno Stato, fin qui tenuto in conto di lontana provincia. Alla bella opera era inteso quando la guerra della successione pose i Napolitani in nuovi travagli; imperocchè gli Austriaci, varcato i nostri confini, e minacciando alteramente gli Abruzzi, ponevano in pensiere fin la stessa metropoli, la quale sprovveduta d’ogni argomento di difesa, rivolgevasi a Carlo. Il Re, raccolto prestamente un esercito, uscì a campo contro il nemico, e nel 1744, in sul punto di esser fatto prigione in Velletri, riuscì a rincacciar gl’Imperiali con grande loro strage. A questi dì la città fu nuovamente turbata per l’introduzione del Santo Officio. Finchè segretamente l’Arcivescovo ebbe apparecchiato luogo, suggello, carceri, e nominato anche gli uffiziali, il popolo si tacque; ma come fu vista e letta nell’Episcopio una tavola che portava il nome dell’odiato tribunale, tumultuò con grida furibonde. Soccorsegli la giustizia di Carlo, il quale con solenne editto riprovò i procedimenti del prelato Napolitano, e la città, soddisfatta e lieta, e sempre generosa verso i suoi Re, votò alla benevolenza del Principe un dono di trentamila ducati. Il qual Principe ella sommamente amò, perchè, tornatala nella perduta dignità, provvedevala di ottime leggi e di propri magistrati; franca la rendeva dagli