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Corsi Lampadii; e tutt altro che costituir la potevano perfetta, e religiosa città all’uso de’ Greci. I vincitori poi

    Dal che si desume essersi adorati in tal Fratria, forse anche qnai numi particolari e proiettori, Iside ed Oro Apolline, che, come a tutti è noto, erano deità Egiziane.
       In questa regione fu trovata, restaurata e su magnifico piedistallo rimessa l’antica starna del Nilo, della quale diremo a suo luogo. Eravi il tempio dì Serapide, ossia del gran Giove degli Alessandrini. Vi fu l’altro d’Osiri e d’Iside con le loro statue; e quivi ancora sappiamo che Adriano assunse il Demarcato: «D’onysia, ut qui maximum apud eos Magistratum gereret veste Atheniense indutus magnifice celebravit».
       Pensava il Martorelli che i Cinei trovar si dovessero nella regione Nilense, perchè questa parola indica coloro che adoravano Anubi, cioè il dio latratore, e tali esser dovevano gli Alessandrini abitatori dell’indicato quartiere. Il Mazzarella Farao ritiene che tal Fratria distendevasi fino ’a Santa Chiara, ed al Gesù Nuovo; e v’è chi inclina a credere che giungesse fino al punto dove oggi vedesi il palazzo del Duca di Maddalonì, perchè vi fu trovata un’urna di pietra molto pregevole con varie figure a basso-rilievo; e che il tempio d’Anubi era di figura rotonda, edifizio bellissimo, col lasso del tempo demolito nel sito appunto dove fu edificato parte del palazzo del Duca di Casacalenda. Non molto distante era il tempio d’Arpocrate. Si può congetturare avervi abitato il famoso citaredo Alessandrino Terpno maestro dell’Imperador Nerone, il quale, come si è detto, volle venire in Napoli a riscuoter gli applausi sul teatro, ed ognuno sa che cosa vi fece. Svetonio, parlando di lui, lo dice encomiato modulationibus Alexandrinorum.
       A malgrado di tanti sassi letterati che attestano il culto de’ numi Egiziani in questa Fratria, come dal riportato Cocceio, da Callisto quello di Vulcano, Bacco, ed Osiride; dal marmo d’Apollonio Anubi; da quello d’Anniano Iside, Oro Apollo, Arpocrate; da altro d’Osiri; da altro di Serapide, di cui Sannazzaro:

    . . . . . Et ipse

    Aequorem Plalamon, sacrumque Serapidis antrum
    Cum fonte et Nymphis adsultavere marinis;

     Celano — Vol. I. 36