Pagina:Novelle lombarde.djvu/104

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bino che gli ricorda il suo fanciulletto, ahimè! rapitogli dagli assassini. Sono con voi, se volete che tornando alla campestre festa, scrutando i cuori, cerchiamo tra quel nugolo di gente alcuni successori di don Alfonso, ma che, grazie alla crescente civiltà, sostituirono al ratto la seduzione alla violenza il raggiro, alla legge sfidata la legge illusa, alla vendetta scoperta la denigrazione e il bacio di Giuda: od anche qualche imitatore di don Alessandro, col proposito, più generoso che prudente, di assumere la difesa del debole contro il soverchiatore, massimamente se questo non sia troppo grosso, nè l’affare importi pericolo.

Potremmo anche o maligni rivelare alcune fortunette che la boscaglia e la folla mal coprì; o morali compiangere tante che vennero a perder l’innocenza per festeggiare un giorno in cui l’innocenza fu salvata; e i molti che gozzovigliano un dì per digiunare una settimana coll’affamata famigliuola, e che non abbandonano il tumultuoso stravizzo se non dopo che la ragione è sfumata a rinforzi di bicchieri, e che il vino o la gelosia fece cacciar a mano i coltelli; — solite appendici delle sagre, solite conseguenze delle devozioni clamorose, qui ed altrove, ai nostri tempi e a quelli dei nostri buoni vecchi.

A tutto mette fine la sera. Al domani ecco il luogo spopolato: pochi operaj intenti a riporre le trabacche, a sgomberare il lieto apparecchio; poi tutto ritorna nel silenzio. Fronde intrecciate, rami aggruppati o schiantati, l’erba calpesta, qualche tronco abbronzato dal fuoco, reliquie di cibi, sono tutto quello che rimane del tumulto di jeri, che si rinnoverà da qui ad un anno per terminare ancora nel modo istesso.