Pagina:Novelle lombarde.djvu/133

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l’animo della fanciulla; tutti fuggivano dinanzi all’immagine del padre e dello sposo, vittime d’una crudele. I delitti di costei, ch’ella avea pur sentito accennare, ma senza crederli mai perchè la trovava sì pietosa con sè, ora le ricorrevano in orrida sembianza alla mente; persuadendola che tutto poteva temere. Correre al padre, trarlo di là e fuggire con esso, era il primo suo pensiero. Ma il lago muggiva sì minaccioso da non potervisi affidare: il sentiero, che per terra poteva drizzare al suo nascondiglio, lungo e scabroso sempre, peggiore diveniva pei torrenti rigonfi e per le smosse di terra; e tra il bujo della notte ch’era discesa, come avventurarsi una fanciulla dove appena avrebbe osato il più ardito cacciatore? Procedevano intanto le ore, mezzanotte si avvicinava, — quella terribile mezzanotte, il cui scoccare doveva essere fatale della vita o della morte sua. Intorno a lei, con assidue cure, il cavaliere pur tentava subbillarne il segreto, ma indarno. Quando un lampo più degli altri prolungato, mostrò giù al basso una gondola, che spinta da molti remi, prendeva dell’alto, sorvolando ai cavalloni.

— Una gondola» esclamò egli: «quale mai potrebbe con questo tempo avventurarsi al lago, se non una sola?»

Ma l’Estella, come appena la vide, alzò uno strido di disperazione, e — Salvate mio padre»

— E da chi?

— Dalla signora. — Ohimè! ho detto troppo — forse l’uccido».

La verità balenò allora sugli occhi del cavaliero; onde — Estella (disse) addio; vado a salvarlo o morire».