Pagina:Novelle lombarde.djvu/140

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Oldrado compone il viso a quel più cortese che può un uomo cresciuto continuo sotto la corazza, fra gli amari gusti della prepotenza e della vendetta, guardando gli uomini non collo scontento di chi troppo li conobbe, ma col disprezzo di chi mai non curò di conoscerli; di chi non vide in quanti gli erano attorno che, od eguali da superare od inferiori da opprimere e sagrificare a’ suoi fastidj superbi; di chi mai non apprese la bellezza della virtù, la consolazione del far bene, l’ebbrezza dell’amare, dell’essere amato.

Gradiva egli e ricambiava gli augurj; ma tra le rughe che l’orgoglio dapprima avea tracciate, poi l’età rese stabili sul suo volto, lasciava trapelare l’impazienza d’una gioja che a lui pareva ingannevole e adulatrice; e colla sinistra ad ora ad ora impugnava spensieratamente il pome dorato dello stilo, che mai dal suo fianco non dipartiva, lo stilo ministro di sue vendette.

Fra le vezzose donne radunate a nozze spicca in tutta la leggiadria di sua giovane persona la biondissima Ermellina; e figurandosi in tutte un cuore ingenuo come il suo, con naturale cortesia risponde ai festivi mirallegro ed alle argute allusioni. Ma la sua gioja non è intera. Nata a liberi sensi e gentili, capace di conoscere e pregiare il bello, in quella cara età quando l’amore è un istinto, non un calcolo, quando si crede e si è creduti, ella vide il trovadore Tibaldo, d’età fiorito e di bellezza, venire dal patrio Merate nelle paterne sale di lei, rallegrando i lauti convivj colle gradite romanze: lo vide; conobbe lo splendore dell’ingegno di lui, la pietà del suo cuore, e poteva non amarlo? Oh quel