Pagina:Novelle lombarde.djvu/256

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non sanno dir altro che quelli di Firenze, di Roma, di Venezia, di Verona. Non venga qualche muso buzzo, tono elegiaco, a ricantare che ora non si a-

    lavano i cavalli pel pallio. Intorno alle quattro dopo mezzodì si faceva il pallio sul Corso, di sei o dodici cavalli, rare volte di quattro o cinque, e premiavasi il vincitore.
    Dopo il pallio era la corsa delle carezze nel Campo Marzio intorno ad un bellissimo circolo di mezzo. Là, tra una folla attornita, sfoggiavasi il maggior lusso di equipaggi; talora ricchi signori di altre città venivano a gareggiare co’ nostri; il numero delle carrozze, che non parve poco quand’era di sessanta, una volta raggiunse i centoquindici.
    Intanto il popolo passeggiava pure nel giardino Valmanara, e tra i fiori e la dolce brezza, salutava la sera.
    La sera, i nobili della città e i forestieri di nome e blasone; si univano a festa di ballo nel Casino dei Nobili sul Corso. Quivi, tra il lusso delle invide dame, appariva qualche sintomo delle inimicizie che dividevano il nobile di provincia dal gentiluomo veneziano; figuratevi! ad una di tale feste intervennero alcune veneziane vestite come le fossero in villeggiatura. In luogo della festa da ballo, faceasi qualche volta conversazione allo stesso Casino.
    Pareva presentissero i nuovi tempi, e il nobile possidente stimasse quelle le ultime feste ch’ei godrebbe tranquillo e sovrano. Mai più tanta furia di gustare i piaceri della vita. Il povero Tornieri, che a quei piaceri ben diversi avea l’animo temprato, un giorno scriveva: «Stimo più tutte queste cose (erano alcune antichità) che non la grand’opera intitolata la Pulcella d’Orleans che questa sera va in scena, per cui son giunti forestieri assaissimi e si trova in massimo movimento tutto il paese. Cosa dee dirsi di una nazione che non pensa che a divertirsi? che segno è questo?.... Non però tutti i Vicentini ne han colpa.... Affari; studj, pensieri più serj, addio!....» Ma nell’Italia spienserata di allora Vicenza era ricca e felice e di lei godeva cantare il Parini:

    Il verde piano e il monte
    Onde si ricca sei, caccian la infame
    Necessità che brame
    Cosa malvagea sotto al tetro fronte:
    Mentre tu l’arte opponi
    All’ozio vil corrompitor de’ buoni.