Pagina:Novelle lombarde.djvu/259

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ce, meditabonda; e fin i giovincelli hanno ora una gravità da nonni, mentre fino i nonni bamboleggiavano nel buon tempo passato.

Che! che! le son celie codeste, le sono menzogne. Bisognerebbe assistere al teatro alla Scala, e vedere una folla, una vera folla applaudire con entusiasmo, simile a quello dei Greci allorquando Fiaminino annunziò ad essi che il popolo romano li lasciava liberi ancora; quando il rombazzo fu tale che l’aria si aperse, e corvi che volavano disopra caddero belli e asfissiati; avvenimento della cui realtà io non mi vo’ prendere briga coi fisici, bastandomi che egli è attestato dal giudizioso Plutarco.

Or dico io, in Milano si contano oggi ben undici teatri, aperti quasi tutto le sere di tutto l’anno, e abbastanza frequentati. La Scala poi ha rinomanza «per tutto il mondo e in altre parti»; ha un’importanza anche civile, a segno che il Governo austriaco, non avvezzo a sprecare, gli dà ben 240,000 lire di dotazione.

Aggiungete che tutte le città del milanese hanno un teatro; che ha teatro qualche altra cittadina, e fin borgate, e fino paesucci.

E direte che siamo serj e che non amiamo più di divertirci? o forse l’amavano di più i nostri padri? Ebbene, bisogna sapere (credetelo a me, che pur troppo sono cresciuto in mezzo a persone viventi a quel tempo), che nell’ultimo quarto del secolo passato in nessuna delle città principali v’era ancora teatro, e quando si cominciò ad aprirne qualcuno, i predicatori non rifinivano di esclamarne. Quelli poi che s’apersero allora servivano per lo più soltanto ai nobili. In Milano stesso non v’avea tea-