Pagina:Novelle lombarde.djvu/26

Da Wikisource.
22

ghiera, il cui oggetto non ardivano confessare e spiegare a sè stesse; gli uomini vi facevano l’invocazione che a ciascuno dettava il proprio momentaneo interesse: talchè spesso nel medesimo istante vi si trovavano inginocchiati un contadino ad implorare la pioggia ed un viaggiatore il bel tempo, nè l’uno nè l’altro ricordandosi di quel precetto, Chiedete il regno dei cieli, il resto verrà in aggiunta.

Cipriano, in men tempo che noi ne consumammo a descriverla, recitò al tabernacolo la sua preghiera di cuore, offrì un soldo pei poveri morti, e tirò innanzi cantacchiando.

Non erano molti anni che colà era stata dipinta quella immagine, e l’origine di essa si congiunge alla storia dei signori che qui sopra trovammo intesi alla caccia pel bosco: storia di sangue e di atrocità, come sono troppe fra le avventure ricordate di que’ tempi.

Le inimicizie tra i signori Isacchi di Barzago e i conti Sirtori di Sirtori, de’ quali era il nominato don Alessandro, rimontavano sino ai tempi quando sul suolo d’Italia, destinato a bevere il sangue di di tutte le nazioni, versavano il loro Spagnuoli e Francesi per disputarsi il possesso della Lombardia, ceduta da’ suoi antichi padroni o piuttosto a loro rapita. I nobili lombardi parteggiavano chi per questi chi per quelli; secondo parea loro che la lontananza de’ primi o le promesse de’ secondi, sempre larghe e sempre bugiarde, meglio potessero salvare l’indipendenza del paese, la quale trovavasi in gran punto, e di cui queste fraterne dissensioni non fecero che accelerare la ruina.

Allora le gare mandarono a fascio ogni sociale