Pagina:Novelle lombarde.djvu/298

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eh, a Sandro? perchè non me n’hai fatto motto ma ora, che vuoi crepargli dietro?» Si dava ad intendere di consolarla, ed era come se scarificasse una piaga, fresca tuttavia e sanguinente: onde ella dava in nuovi scrosci di pianto, e diceva cose che nessuno la capiva. La gente, vedendola così accorata, la lodava di fedeltà; alcune tolsero a confortarla, pensando più al ventre che al cuore, come fanno spesso le comari; molti ragazzi dicevano alle loro belle: — Badate mo l’Agnese. Quello si chiama voler bene. Ma voi, se io morissi, vi voltereste ad un altro; e chi n’ha avuto n’ha avuto; è vero?»

Unico ristoro le era la Bia. Con lei si cavava la voglia del piangere; con lei diceva quel che le passava in cuore, quel che doveva nascondere a tutti gli altri! con lei andava al camposanto a recitar il rosario per quella pover’anima. Ma poi se la pigliava anche contro di essa, la riguardava come il solo testimonio del suo delitto; come un essere da cui dipendeva il renderla la più misera delle creature: e tremava che, un giorno o l’altro, potesse manifestarla. E per quanto si sforzasse in vista di far la disinvolta e accarezzarla e tenerla colle belle belline, dentro se ne rodeva, e tutto quel che la Bia facesse, lo prendeva per traverso. La udiva cantare? le pareva insultasse al suo dolore. La vedeva parlacchiare con qualche altra? ne entrava in gelosia. Sentiva zufolarsi le orecchie? — Sarà la Bia che rinvescia tutto». Lo parlava talvolta di quel povero figliuolo? — Lo fa a bella posta per rinfrescarmi il dolore». Se la Bia diceva, — Tienmi i ragazzi finchè io vada al mulino o a risciacquar il