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novella xxiii. 39

XXIII.


Contesa di donne e loro rapacificamento.


Non so s’egli sia influenza di stelle o altra disposizione, che oggidì le femmine abbiano un animo da battaglia; ma da quel dì in qua che fu spennacchiato in Calle del Forno l’oratore, le femmine di essa vicinanza sono sempre alle mani, come si legge di Bradamante e di Marfisa. A’ passati dì si arrestarono sulle Fondamenta a’ Frari certi uomini che col suono o piuttosto col fracasso di una carnamusa e di un trombone che par che fenda l’aria, invitano prima le genti ad affacciarsi agli usci e alle finestre, e poi fanno danzare un orso con la museruola, il quale mostra per lo più dir aver voglia maggiore di dormire, che di sgambettare e fare scambietti. Ma sia come si vuole, i villanzoni pur suonando, e l’orso ballando che parea che andasse ad impiccarsi, vi avea un gran cerchio di spettatori che si stavano in dilettazione del fatto. Quando, non so in qual modo, nè perchè, due dei circostanti appiccata una zuffa di parole, vennero alle coltella, e sarebbero andati più oltre, se le genti che quivi erano, non gli avessero incontanente divisi e condotti da due diverse parti; la qual cautela piacque loro grandemente, perchè mostrarono quel valore che bastava, e furono salvi. L’uno e l’altro de’ due combattenti avea moglie, le quali, udito qualche cosa del fatto corsero incontanente colà dond’era già sparito l’orso e la festa; e vedutesi insieme, e conoscendosi per avversarie, come quelle che erano mogli de’ due avversarj mariti, incominciarono a pungersi con la lingua, e di puntura in puntura si riscaldarono per modo, che mescolarono alle ferite vincendevoli della lingua, non so quali ceffate di qua e di là; e sempre più infuriando, provarono diverse arme, come dire ugne e denti, graffiandosi e mordendosi con una furia che pareano invasate. Mentre che più bolliva il certame e tutti i