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146 | la piada |
Resta il mio casolare unico, donde
esploro in vano. Non c’è più nessuno.
18E solo a me che chiamo, ecco risponde
il pigolìo d’un passero digiuno.
Sul liscio faggio danzi corra voli,
Maria, lo staccio! Siamo soli al mondo:
22stacciamo il pane che si fa da soli!
Voli lo staccio e treppichi giocondo,
vaporando il suo bianco alito fino,
25che si depone sul tuo capo biondo.
O lieve staccio, io t’amo. Il tuo destino
somiglia al mio: tener la crusca; il fiore,
28spargerlo puro per il tuo cammino.
E fai codesto con un tuo rumore
lieto, in cadenza: semplice, ma bello
31per l’orecchio del pio lavoratore.
Ma triste, sotto mezzodì, per quello
del viandante, che rasenta i triti
34limitari del lungo paesello:
ch’ode un danzar segreto, ode tra i diti
di donna sola, in ogni casa, andare
37te, casalingo cembalo, che inviti
lo sciame errante al tacito alveare.