Pagina:Nuovo discorso proemiale letto nell'Accademia di Filosofia Italica (Mamiani).djvu/6

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piuttosto veduto i fiori e gustato qualche fragranza che vinto il dragone, raccolto i pomi e conseguito l’intento della lunga peregrinazione.

§ IV. [Qual sia l’abito della mente e quale la scienza d’oggidì.] Della quale disparità e differenza tra i mezzi e i risultamenti credo fra l’altre cagioni doversi questa annoverare che al rinvenimento cioè e al possesso delle perfezioni sociali occorre, più che abbondanza e virtù d’altre cose, abbondanza di sapere e virtù di principii. Nel vero, l’età nostra è copiosissima di notizie e d’erudizione e in ciò sovrasta facilmente a tutte l’epoche umane anteriori. Ma in sì varia e sì strabocchevole sua ricchezza il poco felice abito della mente la fa come povera. Questa è legge ferma e non declinabile dell’intelletto che allato al crescere delle notizie, sopraccresca una potenza intellettuale ordinatrice ed unificatrice; per modo che quelle così infinite come sono di qualità d’aspetto, d’attinenze e di numero si sostanzino in pochi veri eminenti e fecondi; in altra guisa, paiono arena senza calce come Calligola chiamò lo stile di Seneca; e sono buona ed ampia materia a tutte le arti, ma scienza superiore e direttiva non fanno. Che anzi, l’afflusso loro non mai discontinuo diviene ingombro e fatica dell’intelletto il quale s’avvolge tra esse simile a capitano tra innumerabili frotte d’armati non raccolte ai vessilli e arrendevoli alla disciplina, ma disordinate e scorrette, e che quante più si moltiplicano, recano minor sicurezza della vittoria.

§ V. Di qua poi si vennero ingenerando di mano in mano fogge strane di studii e costume insolito di studiosi. [Fu sminuzzata e snervata per renderla dilettevole.] Quindi la scienza si sminuzzò e smembrossi nelle gazzette, nelle rassegne (chiamanle oggi riviste) ne’ dizionari d’ogni ragione, ne’ compendii, ne’ manuali, nelle monografie, nelle antologie e in infiniti altri libri e dettati di simil fatta. Con essi (da voi non s’ignora) presume questo nostro tempo di rendere a tutti comune e facile, a tutti ameno e ricreativo il sapere, e di mille volumi dottissimi faticosi e reconditi spremere, a così dire, il succo, e mediante certe manipolazioni e lambicchi d’editori e compilatori convertirlo in latte ed in miele; sicchè ad ogni stomaco più dilicato e schifo sia digestibile e dolce. Ma la cosa si rivolge in contrario.