Pagina:Obras poeticas de Claudio Manoel da Costa (Glauceste Saturnio) - Tomo I.djvu/160

Da Wikisource.

LXXXVII

 
     Sorprezo de cosi sonori accenti,
Non ho ragion, che basti, ó Vate degno,
A consecrare al tuo discreto ingegno
4Questi voti, non só, se assai cadenti.
 
     Udir credei a intempestivi eventi
Tutto il Pindo sonar, si che á tal segno
Forse non dubitai del crudo regno
8Frenasse Orpheo gli spiriti inclementi.
 
     Questa dal mondo poi giammai probata
Beltá da labri tuoi abbia l’ardore
11D’en si rozzo paese essere amata.
 
     Ed io pur non avró culto maggiore,
Che render vada a la tua Musa grata,
14Fuor di quel del silenzio fido onore.

LXXXVIII

 
     Non ho valor, che basti; io corro in vano
A ricoprirmi del pesante scudo;
Senza armi ’l sen, senza armi ’l cor ignudo
4S’abbandona al tuo strale, Amor insano.

     L'idolo mio, che m’offre in volto umano
Beltá quasi divina, al petto rudo
Si suave gli porge il velen crudo,
8Che orror non ho nel venerar la mano.

     Reggi ’l colpo; la strage io non pavento;
Ti daranno, crudel, poca victoria
11La mia ruina, il mio duol, il mio tormento.

     Saremmo entrambi esempi a grata istoria,
Tu mostrando il tuo tardo pentimento,
14Io nel martir trovando la mia gloria.