Pagina:Obras poeticas de Claudio Manoel da Costa (Glauceste Saturnio) - Tomo I.djvu/161

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LXXXIX

 
     Misera rimembranza, che mai tenti!
Perché venirmi tormentando ancora!
Non m’accordar, ti chiedo, la dolce ora
4De’ primi miei suavissimi contenti.
 
     Fuorono brevi; e sono cosi lenti
I passi tuoi, che nella grata Aurora
Del mio piacer, io ritrovai tallora,
8In sembianza di gioja i miei tormenti.
 
     Ah non lasciasti mai la spiaggia aprica,
Per girne in grembo al procelloso flutto,
11Allor che si mostró la sorte amica.
 
     Non sarebbe il mio ben per lei distrutto;
Nè havrei nel alma una crudel fatica,
14Che tutto afflige, e che sconsola tutto.


XC

 
     Esci d’ingano, ó Nice; io non t’adoro;
Chi ti parla cosi, parla sincero;
Mi piace ’l volto tuo; mi piace, é vero;
4Ma non mi punse Amor col’ strale d’oro.
 
     Piangon gl’amanti ovunque; i voti loro
Sono tributi d’immortal pensiero:
Or vedi; io son tranquillo, io sono altero,
8Io non sento fatica, ed ho ristoro.
 
     O non é amore, o pur, s’amor si chiama,
D’ogni d’amor martiro l’ordin muta,
11Ch’in tanti cuori ’l suo trionfo acclama;
 
     Ma che mai vanta l’alma d’assoluta!
Ricanteró: Questa alma altro non brama,
14Che nel incendio tuo restar perduta.