Pagina:Occhi e nasi.djvu/194

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parlarne a voce con lei. Ma poi si credè bene di non farne nulla; perchè venendo costà, bisognava presentarsi a codesto Ministero secondo l’ultima edizione del galateo, cioè in abito nero e cravatta bianca: e noi fiorentini, fin da ragazzi, abbiamo avuto sempre per l’abito nero una repugnanza invincibile. Che vuol che si dica, Eccellenza? Ogni volta che noi vediamo un uomo in pantaloni neri, cravatta bianca e giubba a coda di rondine, e ripensiamo che quel coso lì è creato a immagine e similitudine d’Iddio, ci cascano subito le braccia e ci si patisce per il Creatore, proprio come se il Creatore fosse una persona della nostra famiglia.

Del resto, quest’affare dell’Istruzione obbligatoria ha tutta la fisonomia di un affare serio, ed ecco perchè ne ragioniamo volentieri con lei, competentissimo per ogni rispetto nella materia.

Che lei sia un uomo, lo dicono tutti. Si figuri che lo dicono anche gli stessi suoi amici: e questo ci pare un gran fatto, perchè la più atroce violenza che si possa fare al cuore umano, è appunto quella di costringere l’amico a dover dir bene dell’amico.

Che lei poi sia un uomo giusto, basta a farne fede, fra le altre cose, il suo nome di battesimo. Quando un uomo si chiama Michele è segno manifesto che la Provvidenza Divina lo ha voluto mettere sotto le ali di quell’Arcangelo che inventò le bilancie e che viene meritamente considerato come il capo divisione di tutti i verificatori di pesi e misure.