Pagina:Occhi e nasi.djvu/217

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— Dunque l’hai conosciuto bene?

— Figurati! Gli ho tinto la barba per quindic’anni di filo.

— O con che gliela tingevi?

— Con un po’ di cera da scarpe sciolta nell’olio di mandorle dolci; gli è l’unico cosmetico che renda il morato ai capelli e non pregiudichi alla freschezza dei peli del bulbo.

— Gli sta bell’e bene! Dimmi, Pistagna: o hai fatto anche il parrucchiere?

— Io? Io, per tua regola, in questo mondo, ho fatto un po’ di tutto. Non mi manca che fare il ministro di finanza, e spero bene.

— Ministro, te? o dove l’hai il talento?

— Bada lì: che eredi che ci voglia un gran talento a finire i quattrini degli altri?

— Vien via, non ti compromettere: dammi piuttosto una mano, perchè io, da me, non mi posso rizzare.

— O io?

— Dimmi, Pistagna, non saresti per caso un po’ briaco anche te?

— L’hai trovato il tuo!

— Caro mio: tu m’ha’ detto di aver bevuto otto poncini, e otto poncini l’è parecchia roba!

— Io, per tua regola, ne bevo anche cento e non mi fanno nulla. Sai cos’è che m’ha fatto male? il fresco della sera. Quando io ho bevuto dimolto, bisognerebbe che stessi fermo, come l’olio. Se faccio tanto di muovermi, la testa comincia a frullare e i ginocchi si ripiegano. Già ti