Pagina:Odi di Pindaro (Romagnoli) I.djvu/258

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ODE PITIA IV 221




Epodo

Ora è però ch’io ripigli mia strada; ché il tempo m’incalza.
Breve un sentiero conosco; e agli altri nell’arte son guida.
Quel maculato occhicerulo dragone spengea con l’astuzia:
seco rapiva Medea concorde, onde Pelia ebbe morte:
tra i gorghi d’Ocèano, nel ponto purpureo, s’univa a una stirpe
di femmine lemnie omicide.
£ qui dell’ignude lor membra mostrâr negli agoni la possa.


XII


Strofe

Giacque con quelle; e nei solchi stranieri, quel giorno
e quelle notti accoglievano il germe fatale del raggio
di vostra prospera sorte. Ché, quivi piantata, d’Eufèmo
sempre fiorí poi la stirpe, che, mista alla gente di Sparta,
l’isola bella di Tera negli anni venturi occupò.
Donde il figliuol di Latona vi spinse nei piani di Libia,
ché col favore dei Numi piú floridi voi li rendeste,
e aveste a dimora Cirene divina,


Antistrofe

della celeste giustizia trovando le vie.
L’arte d’Edípo or ti valga. Se alcuno col fil della scure
tronca le rame di quercia gigante, e deturpa l’aspetto
fulgido, pur cosí sterile, dimostra sua nobile stirpe,
sia che, nutrendo la fiamma, fra i geli del verno si strugga,
sia che, confitta nel suolo, fra erette colonne regali,
regga, fra mura straniere, gravoso increscioso travaglio,
lontana dal suolo che a luce la diede.