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Pagina:Odi di Pindaro (Romagnoli) II.djvu/113

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106 LE ODI DI PINDARO

e al passo de l’Ade: ond’io Cloto dal trono sublime
imploro e le Parche sorelle, che il voto
de l’uomo a me caro non rendano vano.


Epodo

Or, d’Èaco figli dall’aurëo carro,
è legge chiarissima per me, se a quest’isola
io giungo, nei canti onorarvi. Ché innumeri tramiti
di vostre magnanime gesta si schiudon di séguito, e larghi
son ben cento piedi,
per mezzo a le genti Iperbòree ed oltre le foci del Nilo.
Non trovi sí barbara lingua, sí strana città, che non sappia
la gloria di Pèleo, l’eroe felice cognato dei Numi,


II


Strofe

che Aiace non sappia, non sappia Telàmone
suo padre, che a guerra correva alleato,
su navi, con schiere tirinzie, a Troia, travaglio d’eroi,
le frodi a punire di Laomedonte.
Lo addusse il figliuolo d’Alcmèna;
e prese la rocca di Priamo, con lui, sterminò la progenie
dei Mèropi. E Alcíde, trovato nel piano di Flegra
Alciònio bifolco, gigante come alpe,
la man non astenne dal nervo mugliante.