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142 | LE ODI DI PINDARO |
E anch’io, peregrino, le sacre ginocchia d’Eàco, per questa
città, per i suoi cittadini,
abbraccio, recando una mitria
di Lidia, temprata di varia armonia,
compenso del duplice stadio di Neme, per Dínide e Mega
suo padre. Piú lunga è per gli uomini fortuna piantata dai Numi.
II
Strofe
Essa Cínira, sire di Cipro marina, coprí di ricchezza.
Sto sui piedi agili, traggo, pria di cantare, il respiro.
Molte, con varia maniera, si dissero laudi; ma nuove
trovarne, alla prova
offrirle, è gran rischio. Le ciance condiscono il pane dell’invido,
che sempre agli egregi si appiglia, risparmia la gente dappoco.
Antistrofe
E l’Invidia fu morte ad Aiace, che il ferro nel sen si confisse.
Pesa l’oblio, ne le tristi liti, su molti ch’àn cuore
saldo, ma tarda favella: grandissimo onore si libra
da lubrica frode.
I Dànai nei voti segreti fûr ligi ad Ulisse; ed Aiace,
privato dell’armi tutte auree d’Achille, la morte affrontò.
Epodo
E sí, ben diverse ferite, pugnando schermiti
dall’aste, rompean nelle carni