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Pagina:Odi di Pindaro (Romagnoli) II.djvu/274

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Gl’iporchemi erano canzoni a ballo. Naturalmente, non si deve intendere che danzassero quelli stessi che cantavano: i danzatori erano altri; e il coro compieva, in certo modo, l’ufficio della nostra orchestra.

Da quando il piú bello dei frammenti pindarici, che credevamo appartenesse ad un iporchema, è passato ad arricchire il bagaglio dei peani, ci troviamo in povere condizioni; e non ci riesce di vedere se questi iporchemi pindarici avessero un carattere speciale che li distinguesse fra le altre composizioni liriche.

I

Fu composto per Ierone di Siracusa, ed è famoso per la storiella narrata dallo scoliaste agli «Uccelli» d’Aristofane, che ne riporta il principio. Negli «Uccelli», dunque, un poeta famelico e pitocco, dopo aver ricevuto in dono un camiciotto, declama i versi di Pindaro, per chiedere, con la sentenza che egli presume in essi nascosta, la giunta d’un gabbano. E lo scoliaste afferma che analogamente Pindaro, avendo ottenute da Ierone delle mule, chiedeva anche il carro a cui poterle aggiogare. Al medesimo iporchema appartenne anche, probabilmente, il frammento che segue, riferito da Ateneo.