Pagina:Odi di Pindaro (Romagnoli) II.djvu/77

Da Wikisource.
74 LE ODI DI PINDARO




Antistrofe

Li recinse fulgore d’argento quando essi, le fiale del vino
recando, tornâr da Sicione:
morbida lana il lor dorso copriva al redir da Pellène:
computo fare dei bronzi
mal si potria: numerarli vorrebbe piú lunga fatica,
quanti Clitòre e Tegèa e l’alte città degli Achei
ed il Lincèo, presso al circo
di Giove ne posero, a vincerli con forza di piedi o di mano.


Epodo

Qual meraviglia che siano fortissimi atleti, se Càstore
ed il germano Pollúce l’ospizio cercâr del loro avolo
Pànfao: se sono i gemelli ministri agli agoni nell’ampia
Sparta; e lor florida sorte
cercano insiem con Ermète, col figlio possente di Giove?
Essi gran cura si dànno di quanti hanno in cuore giustizia.
E fida è la stirpe dei Numi.

IV


Strofe

Essi alternan lor vita, a vicenda passando l’un giorno vicino
al padre diletto, in Olimpo,
l’altro in terrestri latèbre, nell’adito sacro, a Terapne,
stretti a una sorte: ché questo
scelse Pollúce, piuttosto che sempre esser Nume, ed in cielo
vivere, quando in battaglia fu a Càstore spenta la vita.
Ida, tutto ira pei bovi
furati, l’avea con la cuspide dell’asta di bronzo trafitto.