Pagina:Odissea (Pindemonte).djvu/302

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libro decimo 287

Non ti rammenterai, se vuole il fato,
Che in vita tu rimanga, e le rivegga?595
     Sano avviso mi parve. Il Sol caduto,
E coverta di tenebre la terra,
Quei si corcaro per le stanze; ed io,
Salito il letto a maraviglia bello
Di Circe, supplichevoli drizzai600
Alla Dea, che m’udì, queste parole:
Attiemmi, o Circe, le impromesse, e al caro
Rendimi natio ciel, cui sempre vola,
Non pure il mio, ma de’ compagni il core,
De’ compagni, che stanno a me d’intorno,605
Sempre che tu da me t’apparti, e tutta
Con le lagrime lor mi struggon l’alma.
     O di Laerte sovrumana prole,
La Dea rispose, ritenervi a forza
Io più oltre non vo’. Ma un’altra via610
Correre in prima è d’uopo: è d’uopo i foschi
Di Pluto, e di Proserpina soggiorni
Vedere in prima, e interrogar lo spirto
Del Teban vate, che, degli occhi cieco,
Puro conserva della mente il lume;615
Di Tiresia, cui sol diè Proserpina
Tutto portar tra i morti il senno antico.
Gli altri non son, che vani spettri, ed Ombre.